Lo studio
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Dr. Luongo: Può tranquillamente sottoporsi all’estrazione senza problemi! Non c’è correlazione tra il suo problema articolare e l’estrazione del molare.
L’importante è che il molare venga sostituito mediante un impianto o tramite un ponte tradizionale per non aggravare ulteriormente lo squilibrio articolare.
Dr. Barattolo: Nel caso in cui, a causa di una carie a carattere particolarmente distruttivo, vi fosse una perdita eccessiva di sostanza dentale, un’otturazione in materiale composito potrebbe rivelarsi poco indicata; infatti, da un lato vi sono le difficoltà da parte dell’operatore di ricostituire in maniera assolutamente precisa l’anatomia dentale perduta, dall’altro, la cosiddetta “contrazione da polimerizzazione” (un fenomeno correlato alle dimensioni della cavità residua) potrebbe mettere un’otturazione eseguita in queste condizioni a rischio di recidiva.
Alla luce di queste considerazioni, l’intarsio, essendo realizzato in laboratorio attraverso procedure che non possono essere eseguite direttamente nella bocca del paziente, rappresenta una valida procedura ed un’ottima alternativa alle otturazioni di grosse dimensioni.
Dr. Luongo: Assolutamente no! L’impianto è una vite in titanio, materiale anallergico, utilizzato anche in ortopedia per protesi ortopediche, che non causa una reazione da corpo estraneo da parte dell’organismo.
Dr.ssa Ardito: Dalla parodontite si può guarire, sebbene non ci siano farmaci che curano questa malattia. Lo specialista (parodontologo) prescrive antibiotici solo in fase acuta, quando è presente essudato purulento che può essere più o meno consistente in base alla quantità di batteri presenti sotto gengiva e nel fluido gengivale, fase in cui il paziente è soggetto ad ulteriore perdita di osso.
Il parodontologo valuta il livello di gravità della malattia da una serie di segni clinici e radiologici. I segni clinici consistono nella misurazione delle tasche parodontali e nella loro trascrizione su un'apposita cartella parodontale. Normalmente, infatti, il dente è circondato da un solco fisiologico, ossia da una profondità della gengiva di circa 3 mm. L’aumento di questo valore indica la presenza di una tasca parodontale, ossia della presenza di tartaro sotto gengiva non rimosso e quindi di batteri che provocano la distruzione dell'osso.
Per valutare il grado di distruzione di quest’ultimo vengono effettuate delle radiografie endorali in tutti i distretti della bocca e con angolazioni diverse. La prima fase del trattamento consiste nella rimozione del fattore irritativo locale principale: il tartaro. Questa fase viene gestita dall’igienista che istruisce, in primis, il paziente ad una corretta igiene domiciliare fino ad ottenere dal paziente la sua massima collaborazione. Infatti, la cura della malattia parodontale passa da una forte motivazione da parte del paziente che deve essere in grado di ridurre l’accumulo di placca e tartaro nella sua bocca tra una seduta di igiene e l’altra.
Successivamente, l’igienista provvede alla disgregazione e rimozione di tutti quelli che sono gli stimoli infiammatori presenti nelle tasche parodontali quali placca, tartaro, batteri e tossine. Questa fase in genere consiste in diverse sedute in cui l’igienista, sulla base delle indicazioni del parodontologo, provvede a trattare un settore alla volta della bocca. Il paziente viene rivalutato dopo alcune settimane dal parodontologo che, sulla base di una rivalutazione delle tasche parodontali, decide se il trattamento deve proseguire con interventi chirurgici mirati alla eliminazione del tartaro sottogengivale e, dove indicato, alla rigenerazione dei tessuti parodontali persi.
Nel caso le tasche parodontali si siano ridotte o siano scomparse si inserisce il paziente in un programma di mantenimento, che consiste in sedute uniche ogni 3 mesi circa, per tenere sotto controllo i fattori irritativi locali.